Alcune “ordinanze plastic free” parlano di “adeguamento alla normativa europea” che entrerà in vigore nel 2021. Come sancito recentemente dal TAR Sicilia – Sezione Prima (N. 00798/2019 REG.PROV.CAU., N. 01217/2019 REG.RIC., 05/07/2019), che ha sospeso alcune ordinanze poiché “allo stato non risulta essere stata adottata, né è richiamata, alcuna disposizione nazionale o regionale in fase “discendente” rispetto alla disciplina comunitaria”, un singolo comune non può fare di testa sua. Deve attendere che lo Stato recepisca la Decisione europea secondo i tempi indicati.
Spesso si parla di “inquinamento da plastica” dando per scontato che tutta la plastica finisca a mare. Per nostra fortuna non è così. Il problema siamo noi e i nostri comportamenti. Adeguarsi ai comportamenti sbagliati sposta l’asticella sempre più verso il basso. Passare dalla “plastica tradizionale monouso” alla “plastica biodegradabile e compostabile monouso” non risolve il problema, anzi, la soluzione può essere peggiore del problema. Infatti, gli impatti del ciclo di vita (dall’estrazione della materia prima, alla produzione, uso e smaltimento finale, non trascurando i trasporti!) degli oggetti monouso in materiale biodegradabile e compostabile, sulla base di studi scientifici disponibili in letteratura, possono risultare superiori a quelli dei corrispondenti oggetti tradizionali. Il problema principale è l’eccessivo utilizzo di oggetti monouso e il loro non corretto avvio a recupero di materia e di energia.
Il paradosso si ha in quelle regioni, come la Campania, prive (o quasi) di impianti di trattamento dell’umido. In queste regioni, quindi, gli oggetti monouso in materiale biodegradabile e compostabile finiscono per aggravare il problema poiché aumentano la quantità di umido da trattare fuori regione. In Campania, addirittura, abbiamo letto di spedizioni di umido in Croazia a più di 300 euro la tonnellata, rispetto a costi “normali” di trattamento di 80-100 euro. Altro problema da non trascurare è la riduzione dei tempi di trattamento negli impianti per l’umido a causa della grande domanda, con conseguente biodegradazione incompleta del materiale c.d. biodegradabile e compostabile che va a finire in parte ad arricchire gli scarti, per i quali, sempre in Campania, ma non solo, non ci sono impianti di trattamento. Inviare materiale a grandi distanze è fonte di impatti ambientali e di alti costi che si scaricano tutti sul portafogli dei cittadini, gli stessi che ignari seguono o provano a seguire le indicazioni di ordinanze improvvisate.
Non bisogna demonizzare gli oggetti. Il problema siamo noi e i nostri comportamenti. Per usare una borraccia per l’acqua invece di tante bottigliette di plastica non c’è bisogno di ordinanze ma di educazione ambientale. I comuni investano di più in educazione affidata ai nostri giovani laureati che all’estero sono tanto richiesti per la loro preparazione.
Di solito sono breve e conciso, ma quanto sta accadendo meritava qualche parola in più!
Aperto sempre al confronto privo di pregiudizi e basato sulla scienza e sul buon senso.